Intervista al lanciatore del Ferrara Baseball, neo campione d’Europa; un ragazzo semplice che ha inseguito un sogno, con tanto lavoro e costanza.

darioabe

Dario Buriani è un ragazzo alla mano, con le stesse passioni di tutti i suoi coetanei: “Mi piace giocare alla play station con i miei amici”, risponde quando gli domandiamo cosa fa lontano dal campo di baseball. Il diamante, però, è la sua seconda casa, e il trionfo ai campionati Europei di Budapest non è stato casuale. “E’ stato un lungo cammino”, racconta Dario, “Cominciato più di un anno fa al mio primo tryout: mi hanno esaminato, e suggerito su cosa lavorare per migliorare. Mi sono allenato tutto l’ inverno con l’obiettivo di farmi trovare pronto alle selezioni successive. Vedevo molti ragazzi più bravi di me, e sinceramente non pensavo che sarei arrivato all’altezza della Nazionale. Potevo solo lavorare sodo, e ammetto di averci dato dentro anche in situazioni particolari;  ad esempio, non avendo sempre un campo a nostra disposizione per fare allenamenti supplementari, mi sono adattato in uno spazio pubblico vicino alla mia parrocchia”.

E alla fine è arrivata la convocazione.

“Mica subito, ci sono state altre tre selezioni da superare. Verona, Godo e infine il raduno di Buttrio, in Friuli. Da duecentocinquanta candidati iniziali siamo scesi a quaranta, e sapevamo che solo la metà sarebbe partita per gli Europei: a parte l’ansia, sembrava strano indossare la casacca della Nazionale e non essere certi di averla davvero guadagnata. Quando è arrivata la convocazione sono stato molto felice e orgoglioso: ma anche se a posteriori può sembrare facile, confesso che lo sarei stato comunque, perché nei giorni del raduno ho imparato tantissimo.”

Che gruppo è il Team Italia?

“La Nazionale è strepitosa, formata da persone con grande professionalità a tutti i

livelli; coach preparatissimi, nulla viene lasciato al caso. Uno staff composto dal general manager Aldo Peronaci, dal manager Stefano Burato, dal pitching coach Alessandro Rosa Colombo, Marco Bortolotti allenatore di battuta, Simona Conti per i ricevitori, Ivano Liccciardi per gli interni. E ancora un medico, un fisioterapista, il cuoco, l’addetto stampa, l’autista. Un’organizzazione di altissimo livello. E un gruppo speciale anche in campo: con i miei compagni si è creato un rapporto magnifico,  da avversari siamo diventati fratelli, e sono sicuro che questa esperienza ci terrà uniti per sempre”.

Raccontaci il tuo Europeo.

“Ho giocato contro la Croazia (vinta 24 a 0) lanciando abbastanza bene per due inning: giusto qualche difficoltà ad abituarmi al monte di lancio, perché nel nostro campionato non

viene utilizzato. Contro l’Austria (vinta 15 a 0) ho giocato con maggior controllo e più rilassato.

La sfida più dura è stata la semifinale contro la Russia, dove sono partito titolare:

ho lanciato quasi tutto l’incontro, e la tensione era molto alta. Ma il risultato dice che ne siamo venuti fuori”.

Cosa ti ha aiutato ad arrivare tanto in alto?

“Penso che non ce l’avrei fatta se non mi fossi impegnato. Ma neppure senza il sostegno costante dei miei genitori e di tutto il Ferrara Baseball, soprattutto del mio coach Fabio Abetini. Io ho cercato di non mancare mai agli allenamenti, e di dedicare al mio sogno tutte le energie disponibili, ma è stato Fabio a progettare e dirigere il programma che mi ha permesso di migliorare la mia tecnica di lancio.”

I tuoi compagni di squadra sono orgogliosi di te.

“E io di loro: nessuno vince da solo. Ringrazio i miei amici, i compagni e anche gli avversari di oggi e domani: per il supporto, per l’esperienza. E mi piacerebbe dire a tutti i ragazzi che amano lo sport che i sogni si avverano col lavoro, la costanza e l’impegno, ponendosi degli obiettivi e dei traguardi da raggiungere.

A settembre tornerai in campo a Ferrara.

“Il prossimo anno spero di continuare a crescere giocando in campionati sempre più

competitivi; mi auguro sempre maggiori stimoli per migliorare la mia preparazione.”

Il momento che ricorderai per sempre di questa esperienza?

“La finale con la Repubblica Ceca (vinta 11 a 0), e tutto il senso di appartenenza che ha generato. Un coro unico a intonare l’Inno di Mameli. La tribuna piena di tifosi. L’abbraccio azzurro all’ultimo out,  il giro del diamante con la bandiera, al grido ‘I Campioni dell’Europa siamo noi’. Emozionante e bellissimo: il sogno di ogni sportivo.”